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Paesaggi Marchigiani
Franco Alessandroni, nativo di quella parte delle Marche che fu terra del Ducato dei Montefeltro,è, se si può dir così, paesaggista "per natura", in quanto non può sottrarsi al fascino e alla bellezza di un territorio colmo di innumerevoli stratificazioni, pregevoli lasciti e bellezze naturalistiche.
Il paesaggio italiano, immensa stratificazione di fatiche umane,
dà luogo ad un unicum assolutamente particolare, speciale ed irripetibile:
dai lavori per la cura dei crinali e dei fondovalle, a sapienti sistemazioni delle pendici collinari (ritocchino, girapoggio, cavalcapoggio), da opere per la regimentazione delle acque che culminano con la capillare rete di scoline, fossi, rii e torrenti, da diversi ponti per il loro attraversamento, (alcuni dei quali risalenti all'epoca degli antichi romani), alla messa in sicurezza delle rive scoscese con muri di sostegno, massicciate o adeguate piantumazioni; dal sistema della viabilità composto da complessi ordini di strade e stradelli, sentieri e antichi tratturi, alle emergenze storico-architettoniche con piccoli borghi, le case coloniche sparse, le fortificazioni di Francesco di Giorgio Martini (come le rocche di Sassocorvaro, di Cagli, di Mondavio e innumerevoli altre ancora), antiche pievi, abbazie e monasteri.Testimone di tanta cura per il territorio naturale e agrario è l'antica loggia del Palazzo Ducale di Urbino che, posta fra le alte torri, si affaccia ad ovest verso il paesaggio quale elemento di meditazione fra la città compatta dentro le mura e la campagna circostante.
Volgere lo sguardo verso quelle mirabili isole boschive che emergono fra le diverse texture dei bruni terreni arati, dei bianchi di spesse coltri nevose, dei verdi brillanti o degli estivi ori, o sporgersi alla volta di quelle strettissime gole, con la loro specifica vegetazione, umidità, temperatura e fauna, nel fondo delle quali scorre ora irruente e fragoroso ora calmo e silente un limpidissimo corso d'acqua, oppure ammirare i numerosissimi panorami, di rara bellezza che incantano l'occhio e il cuore, sono azioni che alleviano le sofferenze e, rasserenando l'animo come sostenevano gli antichi, colmano di armonia colui che, guardando, sa vedere.
Sono i luoghi di Franco Alessandroni, sono le sue radici, i suoi riferimenti visivi più potenti e intimi. Sono l'esatto contrario dei "nonluoghi" di Marc Augé in quanto sono, da sempre, identitari, relazionari e storici. Sono i luoghi dell'andare lento senza il bisogno di consumare in modo frenetico, dove il cambiamento è scandito dal ritmo delle stagioni e dove l'eterno presente dell'oggi ha ancora un passato, un presente e un futuro. Sono i luoghi delle antiche relazioni dove la precarietà dei nostri giorni è esorcizzata dall'immutabilità dei profili collinari e da quelle antiche liturgie che rendono concreto il procedere verso il domani. Il senso della comunità, dell'abitare, del risiedere sono cardini della nostra terra che la qualificano e la rendono unica. Sono i luoghi dove è ancora possibile essere sorpresi in quanto tutto non è standardizzato, calcolato, progettato, ma costruito attraverso rapporti mutualistici fra uomo e natura. Un'antropizzazione che non devasta o snatura, ma che salvaguarda e valorizza, che si oppone alla fragilità dei suoli mediante utili opere. E' quel fare attivo che ha prodotto lo stupendo paesaggio agrario del Paese in cui viviamo; è la storia di genti che hanno vissuto a stretto contatto con la natura e costruito un proficuo rapporto con essa.
Non si tratta di un nostalgico pensiero verso il creato, quale panacea di tutti i mali, o di una romantica visione della civiltà contadina, ma l'auspicio di un autentica inversione di rotta capace di produrre azioni, ormai divenute inevitabili, che accolgano salvifiche istanze per l'ormai esausto pianeta.
Sono i luoghi in cui è possibile ritrovarsi per far circolare idee e progetti e dove l'individualismo non ha ancora assunto dimensioni strabordanti; sono i luoghi lontani dai corrotti centri di potere dove il fare è un mezzo capace di generare senso e benefici per l'artefice di quel fare e per la collettività tutta; sono i luoghi nei quali un antico illuminato mecenatismo ha originato "botteghe", vere e proprie scuole di arti e mestieri per intere generazioni, dalle quali uscivano bellezza diffusa, raffinati prodotti e capolavori che hanno reso il nostro Paese unico al mondo.
E' facile capire come la qualità della vita per l'uomo sia direttamente legata alla qualità dell'ambiente e del paesaggio.
Il territorio italiano, ricchissimo di differenze climatiche e morfologiche, con numerosissime specie vegetali e animali, si intreccia, in larga misura, con i segni intelligentemente depositati dagli uomini che l'hanno abitato "curandolo" nel corso di una storia lunga millenni.
Ecco perché i paesaggi di Franco Alessandroni non sono solo attuali e pregevoli opere, ma divengono soprattutto necessarie, in quanto la scelta di dipingere l'ambiente circostante coi suoi Beni Culturali, peraltro compiuta in epoche non sospette, lo pone al centro di incombenti tematiche del nostro tempo.
Mai come oggi la pittura di paesaggio acquista senso e modernità, e riattualizza il binomio inscindibile fra etica ed estetica.
Franco Alessandroni, l'uomo del fare e del saper fare, ha sempre praticato la pittura anche in momenti in cui esprimersi con essa era considerato un'azione anacronistica, lontana dall' " Arte Ufficiale" delle grandi mostre e dal "Concettuale", lontano da quell'Arte Contemporanea o pseudo tale che per anni non ha fatto che riprodurre se stessa divenendo inesorabilmente accademia.
Puntare i riflettori sull'ambiente ha quindi una forte valenza etica e morale ed è in linea con le urgenti istanze di salvaguardia del pianeta ormai ampiamente rivendicate dalle nuove generazioni ma ancora fortemente disattese dai governi e potenti della terra.
Il pittore schizza dal vero, a matita o ad acquerello, brani di paesaggio; poi, in studio, dopo averli interiorizzati, li restituisce sulla tela con veloci tocchi di colore. Sapienti costruzioni prospettiche definiscono lo spazio nel quale l'artista pone, con estrema sintesi, gli elementi distintivi del luogo precedentemente ritratto avendo ben a mente i "suoi" riferimenti culturali quali ad esempio i panorami di Piero della Francesca, dei fiamminghi alla corte del Duca Federico da Montefeltro, di tutta questa tradizione pittorica di paesaggio che in terra marchigiana si è espressa in modo fecondo e rigoroso.
Le sue vedute, ora dipinte con spessi strati di materia, ora con leggeri strati di pigmento, frutto di una straordinaria sensibilità coloristica e di una mano felice, risvegliano profonde emozioni sospingendo chi guarda alla meditazione.
Pioppi lungo il fiume Foglia, Colline del Montefeltro al tramonto, Lago di Mercatale, Colline Marchigiane, questi alcuni dei luoghi ritratti dal pittore che, con cieli spesso terrosi, distese erbose, brume soffuse e luci radenti, rivela un ambiente a lui caro capace ancora di dare asilo e riparo a viandanti del terzo millennio e di lenire moderni affanni.
Franco Alessandroni, volgendo lo sguardo alla natura quale riferimento sincero e rifugio sicuro, materializza frammenti di suolo e di cielo fino a farli divenire delle vere e proprie poesie visive, delle metafore dell'esistenza, dove le minuscole e lontane figure umane spesso colte nell'atto di osservare o meditare o mentre errano verso incerte mete, aprono varchi su tematiche odierne e mondi interiori.
Antica/nuovissima narrazione quella del pittore paessaggista nella quale il significato e il significante felicemente riuniti cantano ciò che per decenni è stato taciuto, lasciandosi alle spalle la prerogativa del solo interrogare per un fare che è anche gioiosamente attento a ciò che circonda, con la consapevolezza che il recupero della pittura quale mezzo espressivo, oltre che ad essere nella Storia, può produrre bellezza.
Paolo Degli Angeli [Curatore eventi / Critico d'Arte]
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